Attraverso l’archivio perduto dell’Opera del Cairo

Costruire teatri in legno è vantaggioso per economia e leggerezza,
ma pericolosissimo per ovvi motivi.
Il Teatro chediviale dell’Opera infatti, costruito interamente in legno in soli cinque mesi in occasione della prima assoluta dell’Aida, prese fuoco il 28 ottobre 1971.


Nella pira bruciò l’archivio storico, ma l’archivio cartaceo riguardante il debutto dell’Aida si salvò quasi per caso.
Aida di Giuseppe Verdi, direzione di Angelo Questa, Orchestra Sinfonica e Coro di Torino della RAI, Cetra Opera Collection, 1957
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L’Istituto Nazionale di Studi Verdiani di Parma aveva commissionato una riproduzione microfilmata sia per averne memoria nel proprio archivio, sia per controllare i testi delle 135 lettere cairote su 203 trascritte da Saleh Abdoun (1923-2013), direttore del Teatro dell’Opera del Cairo all’epoca della sventura, nel volumetto da lui curato dal titolo Genesi dell’Aida, quarto numero della collana “Quaderni dell’Istituto nazionale di studi verdiani”, da pubblicare entro la fine 1971.

Dalla corrispondenza fra Abdoun e l’allora direttore dell’Istituto Mario Medici traspare che, dopo un accordo verbale a Roma il 26 giugno del 1971, il 29 del mese sarebbe stato inviato dall’Egitto il pacchetto contenente il microfilm.
La spedizione arrivò a Parma il 14 ottobre, appena due settimane prima dell’incendio.
Il 16 novembre Abdoun pregava sconsolato in un telegramma di «produrre copia pellicole et tutto materiale fotografato essendo per Cairo solo documento glorioso epoca teatro».


I principali corrispondenti dell’archivio sono Giuseppe Verdi, Auguste Mariette, Emanuele Muzio, il diplomatico Adolphe Barrot, l’agente teatrale Giovanni Battista Lampugnani, la sarta Délphine Baron, il coreografo Monplaisir, gli scenografi Chaperon, Lavastre e Rubé, il soprano Antonietta Pozzoni.
In tutto circa centotrenta documenti che, oltre a colmare un vuoto di conoscenze, appaiono come il fantasma di un mondo che non c’è più.
