Corrispondenza
Arrigo Boito a Giuseppe Verdi, [24/08/1881]
Data
- Data
- [Milano, 24 agosto 1881]
Luogo di destinazione
- Luogo di destinazione
- [Sant'Agata]
Tipologia
- Lettera
Descrizione fisica
- Tre bifolii, dieci facciate scritte. Cuciti in fascicolo e inseriti nel libretto autografo boitiano di Otello.
Ubicazione presso il soggetto conservatore
- Ubicazione
- I-PAas
Trascrizione
Mercoledì.
Caro Maestro. Lei cominciava già a credere che io avessi dimenticato col cappello, colla spugna e colla spazzola anche il gran finale d’Otello. Non era così. Questo finale io lo ruminavo, lo ruminavo, e poiché è un boccone assai grosso, non riescivo mai ad assimilarlo al sangue della forma se posso esprimermi così, e ho durata fatica non poca per ottenere quel risultato che a quest’ora le è già noto, e che è, mi pare la conseguenza di tutti i nostri discorsi fatti a Sant’Agata.
Il pezzo d’insieme, ha, come avevamo progettato, la sua parte lirica e la sua parte drammatica fuse insieme; è, cioè, un pezzo lirico, melodico, sotto il quale s’aggira un dialogo di dramma. La figura principale del lato lirico è Desdemona, la figura principale del lato dramatico è Jago. Così, Jago dopo essere stato, per un istante solo, sopraffatto da un avvenimento che non era in suo potere, (la lettera che richiama Otello a Venezia) riannoda subito, con una rapidità ed una energia senza pari, tutti i fili della tragedia e torna a far sua la catastrofe, ed anzi si vale dell’avvenimento imprevvisto per acce lerare vertiginosamente il corso del disastro finale. Tutto ciò era nella mente di Schakespeare, tutto ciò apparisce chiaro nel nostro lavoro. Jago passa da Otello a Rodrigo, i due stromenti che gli rimangono pel suo misfatto, poi ha l’ultima parola e l’ultimo atteggiamento dell’atto.
Veda Lei se le due parti, la lirica e la drammatica, le pajono ben fuse. Veda anche se è bene misurata la lunghezza dell’una e dell’altra parte. Non ho fatto economia di versi perché mi son ricordato di un suo avvertimento: Dica tutto ciò che è utile a dirsi, ed ogni cosa sia spiegata. Lei avvertendo così ha sentito che il dialogo sotto al pezzo lirico doveva essere sviluppato per esser tragico, ed ha visto assai bene, e così ho fatto. Anzi nel caso che il dialogo fra Jago e Rodrigo le paresse un po’ monco e non troppo chiaro eccole quattro versi che, se occorre, lo compiranno e lo finiranno.
Jago: A notte folta io la sua traccia vigilo
E il varco e l’ora scruto, il resto a te.
Sarò tua scolta. A caccia, a caccia! Cingiti
L’arco.
Rodr: Si. T’ho venduto onore e fè.)
C’è una cosa dapensareosservare. I dialoghi: Jago e Otello, Jago e Rodrigo si seguono, quello è prima, questo è poi. Durante il dialogo di Jago-Otello, che fa Rodrigo? nulla. Pure la sua voce potrebbe creare una parte reale di più nel principio del concerto melodico e fare la quinta parte, finché arrivi il tempo del dialogo suo con Jago. In questo caso le offro quattro versi lirici che Rodrigo canterebbe cogli altri mentre Otello parla con Jago e mentre s’inizia il pezzo d’insieme:
Rodrigo
(Per me s’oscura il mondo,
S’annuvola il destin,
L’angelo casto e biondo
Fugge dal mio cammin.)
A ciò si potrebbe osservare: Poiché ci siamo occupati dell’atteggiamento di Rodrigo durante il dialogo Jago-Otello perché non ci preoccupiamo del l’atteggiamento d’Otello durante il dialogo Jago-Rodrigo? No. Otello ha la sua posa indicata, voluta dal dramma. L’abbiamo visto accasciato accanto al tavolo dopo le parole: A terra! e piangi! e così accasciato deve restare senza alzarsi banche quando risponde a Jago finché dura tutto il pezzo d’insieme. Egli non ha bisogno né di parlare né di cantare mentre Jago parla a Rodrigo. Muto è più grande è più terribile, più plastico. Non s’alzerà che per urlare: Fuggite! e poi piomberà al suolo. Così va bene. Fin qui siamo in perfetto accordo, lo spero. Ma forse lei osserverà che Desdemona dovrebbe avere (essendo, come ho detto, la figura principale della parte lirica del pezzo) quattro versi di più degli altri. Tanto più che i primi quattro versi suoi non si prestano ad essere svolti dalla musica melodicamente. In questo caso eccole i quattro versi che termineranno la stanza di Desdemona, ma per leggerli bisogna, m’accorgo, voltare la pagina e per iscriverli anche:
Desdemona
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Sole sereno e vivido
Che allieti il cielo e il mare,
Tergi le stille amare
Che sparge il mio dolor!
Ci eravamo accordati che la parte lirica del pezzo doveva avere un metro e la parte dialogata (compreso il Coro) un metro diverso. È ho fatto così. Il metro del dialogo è un endecasillabo che si può spezzare, sì o no, come lei vuole, e, se si spezza si risolve in tanti quinari da cima a fondo. Lei può dunque ado perare a sua scelta or l’una or l’altra delle due movenze, e ciò era necessario ch’io facessi, perché un endecasillabo, prolungato sotto un andamento lirico, un endecasillabo tutto d’un pezzo sarebbe forse riescito grave troppo e il qui nario troppo leggero. Mescolare visibilmente i due metri non mi piaceva, ho preferito l’artifizio ch’ella vede; del resto mi pare che l’effetto ne sia efficace.
Ora credo che non mi resti più nulla da dirle, solo da ringraziarla an cora per la bella giornata di Sant’Agata che non escirà mai più dalla mia memoria e che ha rafforzato, caro Maestro, il buon bene che le voglio. Tanti saluti alla Signora Giuseppina e alla Sig.ra cognata.
Io riparto domani per Monticello. Ecco l’indirizzo: Monza per Monticello basta così, se lei mi scrive la sua lettera mi arriverà. Ma fra una settimana sarò ancora a Milano e dopo andrò sul lago di Como. La prego di non risparmiarmi e di farmi pur lavorare; quando lavoro per lei sono contento.
Suo affmo
Arrigo Boito
Note
- –
Posseduto Insv
Fotocopia (n. 116/15).
Bibliografia
Carteggio Verdi-Boito, a cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2015, n. 43, pp. 70-72
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Arrigo Boito a Giuseppe Verdi, [24/08/1881]
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