Corrispondenza
Giuseppe Verdi a Giuseppe Piroli, 20/02/1871
Data
- Data
- [dopo il 20.02.1871]
Tipologia
- lettera
Trascrizione
- Ho pensato molte volte intorno al progetto di riforma degli studi musicali e son dispiacente dover dirti ch'io non potrei accettarne l'incarico. Nelle cose, sieno grandi o piccole, bisogna riescire o non intraprenderle. La riescita, secondo il mio modo di vedere, sarebbe in questo caso impossibile, perché si verrebbe ad urtare contro personalità rispettate, contro suscettibilità troppo suscettibili, contro pregiudizi antichi e profondi, ed anche contro innovazioni ben accette, ma forse inutili se non dannose. Per spiegarmi ancora più chiaramente dirò: che ho ragione di credere esservi nei nostri istituti musicali studi che dovrebbero essere severissimi e sono mal fatti, e che si perde un tempo, che riesce alla fin fatale, ad insegnare quello che non si può insegnare, a ridurre l'arte a sistema, e collo scopo (scopo che conoscono e sentono meglio gli uomini che creano) di cacciare mali che realmente esistono, ma creandone dei nuovi che sono peggiori e più perniciosi. È una cosa strana la lotta che esiste fra gli uomini così detti di scienza e quelli che FANNO (lotta senza frutto per l'indifferenza dei secondi e per la petulante ostinazione dei primi); ed è ancora più strano il vedere che tutte le nostre grandi sommità del secolo attuale non sono quasi mai figlie di Conservatorii! Il Liceo di Bologna ed il Conservatorio di Napoli si vantano dei grandi nomi di Rossini e di Bellini; ma, secondo me, a torto possono gloriarsi di quelli uomini. Rossini, pel primo, mette in ridicolo il suo saper musicale acquistato nel Liceo e le sue prime opere in cui si incontrano di frequente sgrammaticature e scorrezioni. E non sono le sublimi scorrezioni più tardi fatte espressamente in altre sue opere e perfino nel Guillaume Tell, opera d'altronde castigatissima e correttissima in ogni sua parte. Bellini aveva qualità eccezionali che nissun Conservatorio può dare e gli mancavano quelle che i Conservatorii dovrebbero insegnare. Da questo capirai che io sarei costretto a lasciare - salvo qualche parziale riforma relativa al Canto ed alla Composizione - i Conservatorii come sono, e rivolgerei le mie cure a scopo più utile, più pratico e più sicuro: al teatro. Che il Ministro rialzi i teatri e non mancheranno né Compositori, né Cantanti, né Istromentisti. Ne istituisca per esempio tre, da servire più tardi da modello a tutti li altri. Uno nella Capitale, l'altro a Napoli, il terzo a Milano. Orchestra e Cori stipendiati dal Governo. In ogni teatro, scuole di canto GRATIS pel popolo, coll'obbligo agli allievi di servire nel teatro per un dato tempo. Per ogni teatro, un solo Maestro Concertatore e Direttore dell'orchestra, e responsabile di tutta la parte musicale. Un REGISSEUR solo, da cui dipenda tutto ciò che riguarda MISE EN SCÈNE. Dovranno prodursi ogni anno due opere nuove di debuttanti, i cui spartiti dovranno essere esaminati da una Commissione di uomini dotti non pedanti, né con sistemi preconcetti. Eccoti brevemente quanto mi parrebbe più conveniente di fare per l'arte nostra nell'epoca attuale. Se il Ministro entra in quest'ordine di idee, dimmene qualche cosa. Ti stringo cordialmente la mano e mi dico Tuo aff.mo
Note
- Minuta del Copialettere.