Corrispondenza

Giuseppe Piroli a Giuseppe Verdi, 18/04/1869

Data

Data
18 aprile [1869]

Tipologia

lettera

Ubicazione presso il soggetto conservatore

Ubicazione
I-BSAv

Trascrizione

Le nostre lettere si sono incontrate per la strada, voi mi scrivevate forse nell'ora stessa che io scrivevo a voi, tanto è vero che v'è qualche cosa nell'etere che a nostra insaputa ci lega e tiene in corrispondenza gli spiriti legati dall'amicizia. Io vi scrivevo delle spese e voi toccate lo stesso argomento; io del vostro soggiorno, e voi di questo che chiamate deserto. Insomma qualche cosa vi è di certo. Scherzi a parte per le poche lire di spesa veglio tener aperto il credito, e come prescrive la legge civile recarmi io stesso personalmente al domicilio del mio debitore per essere pagato. Et amen. A quest'ora saprete che a Parma il D. Carlos non è andato in iscena ieri sera per malattia del tenore. I parmigiani ne incolperanno il Governo sicuramente, come purtroppo, ed è naturale, al Governo risalgono tutti i lamenti del malcontento che si accumula massimamente dove si aspetta dal cielo la manna. Io auguro e spero che lo spettacolo a Parma riesca bene: non contribuirà poco a dissipare almeno momentaneamente l'umor tetro. Al Pagliano l'andata in scena è annunziata per martedì. Io vi andrò immancabilmente, salvo forza maggiore e vi scriverò. Dubito assai che la Tiberini sia da questo spartito: ma è pur vero che non è soggetta a confronti, che le potrebbero nuocere. Io sono in grande desiderio che venga la sera di martedì. Lo spettacolo dicono sia montato egregiamente: certo i prezzi d'ingresso sono assai forti. Vedremo il pedantismo fiorentino come giudicherà. Per non turbare il benessere in cui vi trovate nel non leggere i giornali, e che io vi invidio, non dovrei parlarvi di politica: lo volete e sia, ma ho poco a dirvi. È vero che Cantelli e Broglio sono stati più volte in forse di rimanere, per certe divergenze tra i ministri circa l'attitudine da prendere verso il così detto Terzo partito o partito dei tre, che va e viene, oggi appoggia, domani combatte il Ministero, e più particolarmente il Broglio ed il Cantelli, mentre è in perfetto accordo col ministro delle finanze; ma al momento tutto è sospeso. La questione finanziaria assorbe ogni altra preoccupazione, e se la prossima discussione non raccoglie la maggioranza, o andranno tutti, o scioglieranno la Camera. Se no, ritengo io pure che si verrà ad una modificazione del Ministero: non per questo le cose nostre andranno o meglio o peggio. Bisogna pur subire gli effetti immediati di questa nostra ricostituzione a nazione e dogli errori più o meno inevitabili che si sono commessi e delle necessità cui abbiamo dovuto pur soggiacere per la costruzione delle strade ferrate, gli armamenti, la marina, i lavori pubblici ai porti, alle strade ecc. che sono la principal parte dell'enorme debito pubblico, il quale alla sua volta è la principal causa del deficit. Si sarà rubato e sciupato molto, ma in ragione delle spese fatte e dei prodotti ottenuti lo sperpero non può essere che in proporzione assai mite. Oggi ci agitiamo e arrabattiamo per trovar modo di andare innanzi intanto che il naturale svolgimento della produzione (già notevole in molte provincie e specialmente nelle napoletane) venga a bilanciare il dare e l'avere. Ci vorrà tempo, è vero, ma ci arriveremo. Quando leggo le storie delle rivoluzioni di Inghilterra e di Francia, e vedo come, anche dopo che furono chiuse, le condizioni finanziarie se ne risentirono lungamente: e vedo nelle storie dei Parlamenti che gli stessi errori, le stesse accuse, le stesse lotte, e in condizioni anche assai più gravi delle nostre, si sono pure verificate presso quei popoli, concludo che da pertutto la forza delle cose produce gli stessi effetti, e che anche noi dobbiamo aspettare e procacciare i rimedi da quelle stesse fonti onde gli altri li hanno pure avuti; e da buon conservatore progressista concludo che conviene andare innanzi, tener conto degli ostacoli, lasciarci pur maledire, contentandoci di sentirci sicuri nella intenzione del bene; e salvo il cedere il luogo quando il popolo sovrano ce lo imponga, aspettare dal tempo (e quando nessuno guarderà più a noi né per lodarci né per maledirci) quel bene che nella mia convinzione non mancherà di essere raggiunto. Oh ... mi pare che la penna corra al serio!! Per Dio, se così fosse avrei paura o di essere vicino a morire, o, per il minor male, a perdere il buon senso. Ritorno all'uovo. Oggi la questione unica veramente vitale è la finanza Vedremo quali rimedi ci saranno proposti e li respingeremo se illusorii. Ma sull'orizzonte sta sempre il Ratazzi e la coalizione di uomini di diversi partiti che si divideranno all'indomani della vittoria. Questa prospettiva mi mette in pensiero... Vedremo. Dite al Corticelli che vegga di difendersi dal male che lo minaccia almeno per qualche mese, perché veglio trovarlo vivo. Salutate tanto Giuseppina e, abbiatemi Vostro affezionatissimo.

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Giuseppe Piroli a Giuseppe Verdi, 18/04/1869

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