Corrispondenza
Arrigo Boito a Giuseppe Verdi, [post 26/04/1884]
Data
- Data
- [Milano, post 26 aprile 1884]
Luogo di destinazione
- Luogo di destinazione
- [Genova]
Tipologia
- Lettera
Descrizione fisica
- Un bifolio, tre facciate e cinque righe scritte. Da «Vede» alla firma compresa, testo scritto ruotato di 90° in senso orario sull'ultima facciata.
Ubicazione presso il soggetto conservatore
- Ubicazione
- I-BSAv
Trascrizione
Caro Maestro. La sua lettera pur saggia e buona mi ha lasciato, non so perché, un resto d’inquietudine e non ho avuto pace finché non mi son messo ancora a lavorare per Lei. Mi sono risovvenuto che lei non era contento d’una scena di Jago nel second’atto in doppi quinarj, e che desiderava una forma più spezzata, meno lirica, io le proposi di fare una specie di Credo scellerato e ho tentato di scriverlo in un metro rotto e non simetrico. Vi mancherebbe il legame fra questo squarcio e il recitativo che c’è prima ma non ho il manoscritto sott’occhio e perciò non ho potuto farlo, ma questa lacuna sarà di due versi o tre al più. Se sono riescito male in questo tenta tivo ne accagioni la fretta e la concitazione, lo rifarò meglio poi quand’ella vorrà. Intanto, se non lo crede assolutamente sbagliato, la prego di mettere questo brano insieme alle altre pagine dell’Otello, lo ho fatto per mio conforto e per mia soddisfazione personale perché sentivo il bisogno di farlo, interpreti questo bisogno come lei vuole: come una puerilità, come una sentimentalità, come una superstizione; non importa. La prego soltanto di non rispondermi neanche un grazie, (che quella pagina non lo merita) se no m’inquieto da capo. Ecco dunque: le trascrivo il credo di Jago.
Jago:
...............................................................
– Credo in un Dio crudel che n’ha creato
Simile a sé, e che nell’ira io nomo
E che nell’ira io nomo.
– Dalla viltà d’un germe o d’un atòmo
Vile son nato,
Son scellerato
Perché son uomo,
E sento il fango originario in me.
– Sì! questa è la mia fè!
– Credo con fermo cuor, siccome crede
La vedovella al Tempio,
Che il mal ch’io penso e che da me procede
Per mio destino adempio.
– Credo che il giusto è un istrïon beffardo
E nel viso e nel cuor,
Che tutto è in lui bugiardo,
Lagrima, bacio, sguardo,
Sacrificio ed onor.
– E credo l’uom giuoco d’iniqua sorte
Dal germe della culla
Al verme dell’avel.
– Vien dopo tanta irrision la Morte!
– E poi?
– La Morte è il Nulla,
E vecchia fola il Ciel.
Vede quante bricconate gli ho fatto dire.
Un saluto affettuoso a Lei e alla Signora Giuseppina
del suo
A. Boito
Note
- –
Posseduto Insv
Fotocopia (n. 116/21)
Bibliografia
Carteggio Verdi-Boito, a cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2015, n. 53, p. 87-90
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