Corrispondenza
Arrigo Boito a Giuseppe Verdi, [16/01/1881]
Data
- Data
- [Milano, 16 gennaio 1881]
Luogo di destinazione
- Luogo di destinazione
- Genova
Tipologia
- Lettera
Descrizione fisica
- Due bifolii, otto facciate scritte, con busta affrancata (50 cent.). Sul recto della busta: «Raccomandata / 9.11 / 3537»; sul verso della busta: «spedisce Arrigo Boito / Via Principe Amedeo 1». Sigilli in ceralacca sul verso della busta.
Ubicazione presso il soggetto conservatore
- Ubicazione
- I-PAas
Indirizzo (busta)
- Giuseppe Verdi / Palazzo Doria |_ Genova
Timbri postali
- MILANO / 16 / 1-81
RACCOM.
Trascrizione
Domenica
Mi accordo con Lei, caro Maestro, pienamente, intorno alla teoria del sacrificare, quando occorra, l’eufonìa del verso e della musica alla efficacia dell’accento dramatico e della verità scenica. Lei desiderava tre o quattro versi sciolti magari brutti, ma chiari invece di quel verso:
dei non fratelli miei
che non è bello davvero. Ho fatto i quattro versi (non ho saputo farne tre) ma ma non ho creduto di farli sciolti giacché temevo che fra i settenari rimati che li precedono, e gli ottonari rimati che li seguono, quell’abbandono della rima, per quattro solo righe, riescisse fiacco alla lettura:
.....................................................................................
Doge: Paolo!
Am.: Quel vil nomasti... E poiché tanta
Pietà ti move dei destini miei
Vo’ svelarti il segreto che mi ammanta:
(dopo breve pausa)
Non sono una Grimaldi.
Doge: O ciel! chi sei?
.....................................................................................
Passiamo nella sala del Consiglio:
.....................................................................................
Paolo: ........ Attenda alle sue rime
(ridendo) Il cantor della bionda Avignonese.
Tutti i
Consiglieri: Guerra a Venezia!
(poi Paolo
ferocemente)
Doge: E con quest’urlo atroce
Frà due liti d’Italia erge Caìno
La sua clava cruenta! – Adria e Liguria
Hanno patria comune.
Tutti: È nostra patria
Genova!
Piero: Qual clamor?
Alcuni: D ’onde tai grida?
ecc ec ecc.
..........................................................
Ho evitato la parola: guerra fraticida indicata dalla sua lettera perché non tolga effetto alla esclamazione: Fratricidi! che scoppia prima dei versi del
Doge: Plebe, patrizi!... ecc.
Certo non ci saranno in teatro più di venti persone abbastanza colte per riconoscere l’allusione che fa il Doge alle due lettere che il Petrarca diresse al Principe di Roma, ma il cielo ci tenga lontani dalla tentazione delle note e dei commenti. Pure se si vuole che le 20 persone diventino duecento e più, basta mutare l’allusione e invece delle lettere (note oggi a pochi, mentre ai contemporanei del Petrarca erano notissime) alludere alla canzone che tutti imparano a scuola e modificare così:
La stessa voce chetuonòinneggiò su Roma,
Pria che recasse tutta alle sue mani
Rienzi protervo la civil possanza,
Or su Genova tuona...
ma il periodo riesce prolisso troppo e troppo contorto per gli schietti e veloci bisogni dell’accento musicale.
D’altra parte la prima versione non è esatta storicamente invece di:
Vaticinio di gloria e poi di morte
sarebbe più vero il dire:
Vaticinio di gloria e poscia d’onta
ma così il verso riesce brutto, pure di ciò né a Lei né a me importa. La lascio arbitro della scelta. Il publico del resto è un animale che beve grosso e di questi scrupoli se ne infischia e in ciò non ha torto.
Se le occorre qualche altra goccia d’inchiostro della mia penna io potrei riceve re prima della mia partenza, fissata sempre a Giovedì, un’altra lettera sua.
Tanti e cordiali saluti
suo
A. Boito
Giulio jeri stava peggio, oggi meno male, ha un ingorgo al polmone, gli si dovettero appilicare dei vescicanti al petto, è un affare che ci tiene un poco allarmati, non tanto per ora come per l’avvenire –.
Note
- –
Posseduto Insv
Fotocopia (n. 166/5)
Bibliografia
Carteggio Verdi-Boito, a cura di Marcello Conati, Parma, Istituto nazionale di studi verdiani, 2015, n. 23, pp. 40-42
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