Corrispondenza
Carlo Tenca a Clara Maffei, 04/05/1877
Data
- Data
- Roma, 4 maggio 1877
Luogo di destinazione
- Luogo di destinazione
- [Milano]
Tipologia
- Lettera
Trascrizione
Ecco un foglietto, il quale non viene solamente a recarti le mie nuove, ma procurerà anche una cifra per Velleda, se ancora ha il ticchio di raccoglierne. Ne avrà. suppongo, di simili; ma questa è una varietà nuova della specie, e le varietà, anche le meno avvertite, sono interessanti pei raccoglitori, qualche volta come le rarità della specie. Tutto sta a saperle apprezzare. Nel caso presente il pregio viene anche dal luogo donde l'etichetta è mandata, e, sia detto colla dovuta modestia, anche dalla mano che l'invia. Caspita! [...] Se Velleda non è partita per Castiglione, calcolo che questa lettera ti sarà portata a proprio nel momento in cui fa con te la solita partita a dama, e ti metterà, come suole, nel sacco dopo d'averti obbligata a giocare. Stavo per dirti: dalle un bacio; ma m'è subito comparso innanzi il viso lungo di Saulina, e ho tremato nel rischio di aver offeso, benché solo sulla carta, le convenienze sociali. Ricaccio indietro dunque quell'audace parola, che ormai dovrebb'essere dimenticata da un pezzo da chi ha passata la sessantina, e in ogni modo non va detta a una bambina già sui tredici anni, e le mando il solito cordiale convenientissimo saluto. Il quale, s'intende, va esteso anche all'Emilia; e qui davvero non mi permetto retecenze d'altre frasi.
Qui fu data la messa di Verdi, ma molto mediocremente, e però con successo mediocre. A me mancò l'opportunità di andarla a sentire; e d'altra parte mi pareva che l'esecuzione non dovesse esser tale da invitarmi. Veramente la musica da morto è ora in armonia colla politica, la quale è nera, nera e mette i brividi a chi vi spinge appena lo sguardo. Che brutti giorni, o, per dir più giusto, che brutti anni dovremo avere, e dio sa dove si andrà a finire. Io non mi allarmo facilmente; ma questa volta sono davvero sgomentato. Non siamo preparati a questa conflagrazione che sta per iscoppiare e che, volere o non volere, ci travolgerà tutti; noi avevamo bisogno di alcuni anni di pace per rassodare la nostra esistenza, e invece saremo esposti a nuovi cimenti. Fosse almeno il governo del nostro paese in mani più sicure e capaci!
La Zona sta bene e sembra rassegnata a veder naufragio, chi sa per quanto tempo, nel mare burrascoso della guerra quell'infelice di prestito turco. Verrà a Milano, credo, dopo i primi di giugno. Ho visto anche Carcano, lieto d'esser qui colla sua famigliuola e d'aver trovato un discreto alloggio in un momento in cui c'è pericolo, per chi arriva, di dormire al sereno. I pellegrini arrivano a frotte, e tra pochi giorni ne sarà piena la città. Finora non c'è da lagnarsi di gene sudicia. Una cinquantina di pellegrine, che jeri passavano per piazza Colonna, erano assai giovani e belloccie e vestite pittorescamente. I preti, che ce l'hanno condotte, le hanno scelte con buon gusto. Io però non vorrei essere nei panni del papa, il quale è condannato a ricevere tutto questo sicamme di vagabondi. Invece di benedirli, li manderei a farsi benedire.
Tu pensi al tuo Clusone, ove ora ricomincerà la gara elettorale. E vagheggi la quiete di quella tua dimora ospitale, ove io e il Ciappinett troviamo un'affettuosa accoglienza. Quando tu vi andrai, di lotta elettorale non si parlerà più, ma altre lotte vi saranno allora, il cui eco penetrerà anche lassù e vi porterà i gravi pensieri. Penso tuttavia al tempo, in cui ci verrò, come a una festa del cuore, e mi riconforto in mezzo alle scure previsioni. Saluta Saulina e gli amici, e voglimi sempre bene.