Corrispondenza

Giuseppe Verdi a Clara Maffei, 30/09/1870

Data

Data
Sant'Agata, 30 settembre 1870

Luogo di destinazione

Luogo di destinazione
[Milano]

Tipologia

Lettera

Ubicazione presso il soggetto conservatore

Ubicazione
I-Mb

Trascrizione


                                                                                                  St Ag. 30 Set 1870

C. Clarina

     Questo disastro della Francia, come a Voi, mette a me pure la desolazione in cuore!... È vero. che la blague, l'impertinenza, la presunzione nei Francesi era, ed è, malgrado tutte le loro miserie, insopportabile: ma infine la Francia ha dato la libertà, e la civiltà al mondo moderno. E stessa cade, non c'illudiamo, cadranno tutte le nostre libertà e la nostra civiltà. Che i nostri letterati, ed i nostri politici cantino pure il sapere, le scienze, e perfino (Dio glielo perdoni) le arti di questi vincitori, ma se guardassero un po' in dentro, vedrebbero che nelle loro iene scorre sempre l'antico sangue goto, che sono d'uno smisurato orgoglio, duri, intolleranti, sprezzatori di tutto ciò che non e germanico, e d'una rapacità che non ha limiti. Uomini di testa, ma senza cuore: razza forte, ma non civile – E quel Re che ha sempre in bocca Dio, e la Provvidenza, e coll'ajuto di questa distrugge la parte migliore d'Europa. Egli si crede predestinato a riformare i costumi, e punire i vizi del mondo moderno!!!. Che stampo di missionario! L'antico Attila (altro missionario idem) si arrestò avanti la maestà della capitale del mondo antico; ma questi stà per bombardare la capitale del mondo moderno: ed ora che Bismark vuol far sapere che Parigi sarà risparmiata, io temo piucchemai che sarà, almeno in parte, ruinata. Perché?... non saprei dirlo. Forse perché non esista più così bella una capitale che essi non arriveranno mai a farne una eguale! Povera Parigi! che ho vista così allegra così bella, così splendida nel passato Aprile! –
     E Noi? Io avrei amato una politica più generosa, e che si pagasse un debito di riconoscenza. Centomila dei nostri potevano forse salvare la Francia e Noi. In ogni modo avrei preferito segnare una pace vinti coi Francesi, a questa inerzia che ci farà disprezzare un giorno. La guerra Europea non l'eviteremo, e noi saremo divorati. Non sarà domani ma sarà. Un pretesto è subito trovato. Forse Roma... il Mediterraneo... E poi non vi è l'Adriatico che Essi han già proclamato Mare Germanico? L'affare di Roma è un gran fatto ma mi lascia freddo, forse perché sento che potrebbe essere cagione di guai tanto all'estero come all'interno; perché non posso conciliare Parlamento e Collegio dei cardinali, libertà di stampa e Inquisizione, Codice civile e Sillabo, e perché mi spaventa vedere che il nostro Governo và all'azzardo, e spera... nel tempo. Che domani venga un Papa destro, astuto, un vero furbo, come Roma ne ha avuti tanti, e ci ruinerà. Papa e Re d'Italia non posso vederli insieme nemmeno in questa lettera. Non ho più carta. Perdonate la tiritera. E uno sfogo. Vedo molto nero; eppure non v'ho detto la metà del male che penso e temo. Addio La Peppina saluta. Mille cose a Donna Saulina se è con voi.
                                                                                                        Addio
                                                                                                      G. Verdi

Note



Posseduto Insv
1 fotocopia (n. 24/57)

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Giuseppe Verdi a Clara Maffei, 30/09/1870

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